Chi sono

Ciao, mi chiamo Luca

Grazie per aver scelto di fermarti un momento a conoscermi meglio.

Non lo do per scontato.

Dove nasce il futuro

C’è un filo rosso che tiene insieme tutte le mie esperienze: la convinzione che il cambiamento arrivi dai margini, e che prendersi cura delle persone e dei luoghi sia già politica.
Dall’innovazione digitale al lavoro nelle cooperative sociali, dal giornalismo ai progetti nelle carceri, ho sempre cercato luoghi inediti dove fosse possibile costruire futuro, dare voce, creare comunità.

Durante la pandemia ho diretto una residenza per anziani, il Brancaccio. Lì ho capito che la cura — quando è scelta, ascolto, presenza — può trasformare anche i contesti più duri. E che guidare significa, prima di tutto, stare accanto. Ho scelto di stare dove il futuro è più fragile, perché è lì che può nascere davvero qualcosa di nuovo.

Sono nato a Matera nel 1984, l’anno in cui il futuro fu immaginato come un incubo. E forse proprio per questo non ho mai smesso di sognarlo diverso. Mi affascinano le distopie, ma scelgo ogni giorno il coraggio dell’utopia: sogni che non si arrendono alla realtà così com’è, relazioni che sfidano l’inerzia, parole che costruiscono.

Per un tratto ho inseguito il futuro dove sembrava correre più veloce: una borsa del Corriere della Sera mi ha portato a Milano, tra le prime startup italiane, dove ho ideato un progetto di local store marketing adottato da centinaia di McDonald’s in Italia e Svizzera. Ho insegnato nei primi corsi italiani sul posizionamento dei siti nei motori di ricerca e sulla pubblicità online, quando il web 2.0 era ancora una frontiera da esplorare.

A Ferrara, intanto, dirigevo il giornale universitario e collaboravo con il mensile nazionale Bollettino del Lavoro, imparando che ogni innovazione ha bisogno di una voce per diventare cultura. Sempre a Ferrara, a 25 anni, mi sono sposato. A 30 ero già padre di due figli magnifici.

Mi sono laureato in Giurisprudenza e ora sto per conseguire anche la laurea magistrale in Economia aziendale e management dell’economia sociale.

Tornare per cambiare

Sono tornato a Matera non per restare, ma per ricominciare. Perché nei luoghi fragili ho scoperto che la cura può essere la più radicale forma di cambiamento.

Dopo Ferrara e Milano ho scelto un’altra direzione. Sono tornato in Basilicata, attratto dal potenziale inespresso dei margini. Il Progetto Policoro mi ha fatto scoprire l’economia civile e una nuova idea di sviluppo, dove il tempo delle relazioni vale quanto quello dei processi.

Con la cooperativa Il Sicomoro mi sono occupato di disabilità, migrazioni e anziani. Poi, per quattro anni, ho diretto la Residenza Brancaccio di Matera, vivendo accanto a cento anziani e agli operatori che li hanno custoditi anche nei mesi duri della pandemia. In quel tempo ho imparato che la cura è una forma di reciprocità, e che persino in una RSA si può sognare: dai TikTok collettivi alle settimane al mare con alcuni anziani, dai format televisivi agli esperimenti per restituire autonomia attraverso l’abitare.

Coltivare domani, intrecciare comunità

Oggi mi occupo di parole che liberano, di reti che tengono insieme, di percorsi che nascono ai margini ma sanno generare cambiamento. Lavoro con chi prova a trasformare il sociale in futuro condiviso, e la cura in una pratica collettiva.

Oggi dirigo il giornale S-Catenati, scritto con e da persone detenute nella Casa Circondariale di Matera. Un progetto di libertà e ascolto, nato dentro uno dei luoghi in cui più forte è il bisogno di parola.

Collaboro con il gruppo editoriale VITA non profit, con Avvenire, CSV Basilicata, Confcooperative Basilicata, con la Fondazione Matera-Basilicata 2019 e con la comunità internazionale di The Economy of Francesco.

Faccio parte del comitato scientifico nazionale di FQTS (Formazione Quadri del Terzo Settore) e della commissione nazionale EPM per la fraternità dell’Ordine Francescano Secolare. Ho co-ideato il Festival dell’Invidia Sociale e contribuito alla nascita del primo stabilimento balneare accessibile anche alle disabilità gravi in Basilicata.

Nel frattempo, continuo a formare, progettare, comunicare, accendere reti: accompagno organizzazioni del Terzo Settore a ritrovare visione, linguaggi, senso.

Perché credo che il futuro – quello vero – non si costruisca con la forza, ma con la cura. E che ogni sogno, per diventare possibile, abbia bisogno di comunità.

Quello che mi tiene vivo

Cammino. Amo i sentieri conquistati passo dopo passo, gli orizzonti aperti, le soste condivise. Da Santiago ad alcuni cammini in Italia: credo che il passo lento aiuti a capire dove si è diretti. Forse, in quei paesaggi infiniti, continuo a cercare l’incontro che ha messo in moto tutto, passato dal fascino di Francesco d’Assisi: essenziale, libero, minore.

Lavoriamo insieme

Se hai un progetto che parla di comunità, cura o futuro, possiamo metterci le mani — e la testa — insieme.